IC MARCO POLO

Pianoforte

 

 

Docente: Prof. Giuseppe Papaleo 

 

Strumento a corde percosse mediante martelletti azionati da una tastiera, fu inventato dal padovano Bartolomeo Cristofori al servizio della corte medicea di Firenze tra il 1698 e il 1700; intorno alla metà del Settecento fu perfezionato dal tedesco G. Silbermann, e da quel momento iniziò la sua crescente fortuna. Verso il 1770 vennero applicati i pedali, e la costruzione dello strumento fu da allora ulteriormente perfezionata. Al periodo 1760-80 risalgono le prime musiche espressamente composte per il nuovo strumento. I primi modelli erano a coda, solo nei primi anni dell’Ottocento si diffusero anche i pianoforti “verticali”, che sostituirono i modelli a tavolo e diritti. Nel 1872 fu brevettato il telaio fuso in un solo blocco. In seguito, la sua costruzione non subì più variazioni rilevanti. Nel 1931 venne costruito il primo piano “elettrico”, che ebbe allora scarso seguito e in cui il suono è prodotto da elettromagneti e amplificato da altoparlanti.

Numerosi compositori contribuirono a creare un primo stile ed una tecnica espressamente pianistica; tra i più importanti si annovera M. Clementi, W. A. Mozarte J. Haydn. I primi due furono anche celebri concertisti. A Clementi si deve però la creazione specifica di un’opera per lo sviluppo delle potenzialità meccaniche dello strumento sia in funzione espressiva sia in funzione dinamica e coloristica.

La letteratura pianistica, sino alla fine del Settecento, fu costituita da concerti per piano e orchestra, da sonate per piano solo e a quattro mani o per pianoforte accompagnato da vari strumenti (violino, flauto ecc.), da variazioni e pezzi descrittivi per pianoforte solo. Nei primi decenni dell’Ottocento spicca la produzione del grande Beethoven, che diede allo strumento una posizione privilegiata, sperimentando su di esso nuove prospettive musicali e strumentali. In quel periodo si affermò il virtuosismo, legato proprio al concerto con il pianoforte come manifestazione spettacolare e mondana: in seguito sarà imitato da tutti gli altri strumenti.

Nella metà dell’Ottocento emerge la produzione di Mendelssohn, Schumann e soprattutto del polacco Chopin, che dedicò proprio al pianoforte in particolare tutta la sua produzione musicale, conducendo un approfondimento straordinario sulle risorse timbriche dello strumento, che venne poi in parte continuato da Liszt e più tardi dal francese Debussy. Nel Novecento il pianoforte venne usato da tutti i grandi compositori che anche attraverso il suo uso contribuirono ad evolvere ulteriormente il linguaggio musicale fino a portare ad itinerari nuovi e mai esplorati prima: come ad esempio la nascita della serialità per opera del viennese A. Schönberg che intendeva mettere in piena crisi la tonalità fino a quel momento usata. Ma, anche Ravel, Skrjabin, Satie, Malipiero, Stravinskij, Dallapiccola e Petrassi hanno valorizzato nella loro pur limitata produzione, lo strumento in chiave moderna. Anche nel jazz si possono annoverare dei veri e propri virtuosi che hanno usato lo strumento con linguaggi sempre tesi a sviluppare le enormi possibilità espressive e tecniche che il pianoforte può donare, come Art Tatum, Fats Waller, Earl Hines e più tardi Cecil Taylor, Thelonius Monk.

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